Siamo quello che abbiamo vissuto e il suo ricordo, il modo in cui lo abbiamo interpretato. Tante persone che non si sono sentite accettate per un certo periodo della propria vita hanno “fame”, voglia di riscatto. Andare oltre la superficie non è facile per gli altri e non risulta semplice neanche spiegare chi sei quando non sai chi sei, soprattutto in adolescenza. Finisci così per essere un’outsider, una ragazza che dovrebbe spaccare tutto perché, a un certo punto, diventa più carina, ma che resta pervasa da una malinconia latente.
Leggo tante storie e, in molte, soprattutto quelle degli artisti, trovo sempre questo filo conduttore, questo bisogno di esprimersi, come fosse una necessità vitale, una liberazione. Ognuno ha il suo tempo; alcuni di noi sono fatti di “cristallo” e ci vuole un percorso molto lungo, di fortificazione, per farsi toccare meno dal giudizio altrui. Ogni parola apparentemente superflua o banale per chi non ha vissuto certe cose può, invece, essere una boccata d’aria fresca per altri. Dico sempre che è fondamentale sentirsi accolti, compresi e ascoltati, non solo dalla famiglia, per crescere con meno paure e insicurezze. Ognuno è stato dotato di un “talento”, a suo modo. Nel mondo d’oggi anche andare oltre la superficie e leggere negli occhi delle persone, attraverso le loro parole, lo è. Nulla di ciò che facciamo per gli altri è tempo sprecato.